Al riparo

olio/masonite h cm 16,5 x 21 firma “Chierego” in basso a sinistra parco della Villa dei Rosminiani, sul lungolago esposto alla mostra a Stresa, Galleria Europa, nel settembre 1976

Codice: A052

Data: 1975

Collocazione:

Eccomi. Sono l’albero “della svolta”.
Intendiamoci, non voglio darmi troppa importanza: in fondo, sono soltanto una tavoletta di 16,5 per 21, poca cosa ... ma credo di rappresentare un momento storico della vita dell’Artista.
Ma andiamo con ordine. Sono un albero speciale, questo è vero. Sto a Stresa, nel parco che circonda il settecentesco Palazzo Bolongaro: quello dov’è ospitato il Centro Studi Rosminiani, ed è quasi nascosto da quell’imponente e suggestivo cedro deodara, “albero degli dei” che vive lì dal 1860, sette metri e trenta di circonferenza tronco! Io sono meno importante di lui: sto nella zona retrostante, oltre la fontana, lungo il sentiero che attraversa il parco e conduce al cancelletto “di servizio”. Vivo lì da parecchi anni insieme a palme, olea fragrans, antichissime camelie, azalee e rododendri: io sono una magnolia grandiflora. Con una particolarità: sono cresciuta libera, senza potature ... così i miei rami hanno toccato terra, creando quasi una capanna al riparo da sole e pioggia, poi hanno messo radici e formato nuove piante che nuovamente si dirigono verso il sole ... “Riprodotta per propaggini” dice il cartello – ma a quell’epoca non c’era: c’era soltanto questa mia grotta di luce verde, poco più che una bizzarria notata solo da occhi attenti.
Finché, un giorno, passa di qui una pittrice, certa Nuzzi Chierego: una donnina tutta occhi, sorriso e mani ... e baschetto! Sapete, quella brava nei ritratti, e più ancora nelle sculture, conosciuta per i suoi quadri del lago: ampie vedute, quasi completamente azzurre, sognanti, dense di malinconia, struggenti per un’assenza senza nome ... Siamo agli anni ’70 e il marito, l’Ing. Bruno, ha ottenuto il pensionamento, così la coppia si è trasferita stabilmente a Stresa.
Bene. Quella donnina si ferma e mi guarda, molto attentamente. “Strano”, stormisco io, “cos’ho di particolare, oggi?” Lei mi gira intorno, rifa il giro, si allontana, si avvicina ... mi ride qualche foglia per l’imbarazzo!
Poi chiude la destra quasi a pugno, lasciando un tondo al centro, e l’accosta all’occhio come fosse un cannocchiale ... Ma saranno strani, questi artisti?!? E’ un gioco da bambini ... così non può avvicinare né allontanare quel che vede ... può soltanto limitare ... Già!: limita la visuale, isola qualche particolare ... sceglie l’inquadratura!
E ricomincia tutto daccapo: più vicino, più lontano, con uno scorcio di villa, con qualche ramo di camelie, con più chioma, meno chioma, il rododendro, il cespuglio verde ... sempre con quel finto binocolo!
Poi se ne va.
Ridacchio, tra tronco e tronco: è la pittrice dell’azzurro, come può raccogliere la sfida dei miei verdi? È abituata ai pastelli, da anni si dedica alle sfumature che suggeriscono senza mostrare, come può cimentarsi con l’esplosione dei miei verdi, con il gioco netto delle foglie, con i guizzi di luce dei tronchi?
Dopo qualche giorno ripassa: stessa danza, un po’ più breve, alcune inquadrature già escluse. Così per un po’: ogni volta che ripassa (e lo fa più spesso, adesso che mi ha come “chiodo” nella mente ...) mette meglio a fuoco la “sua idea” di me, la mano a cannocchiale come un saluto per iniziati, e già io mi sento un altro albero: definito, studiato, unico al mondo, quasi chiamato per nome ... E sogno un quadrissimo quadro, chissà che tela occorre per dipingermi tutto, sarà un monumento!
Finché, un giorno, me la vedo arrivare con seggiolino, tavolozza, cavalletto ... e marito! Dalla valigetta esce, ahimé, una tavoletta piccola piccola, e un po’ mi oscuro per la delusione ... ma capisco che l’esordio non può che essere sottovoce. Si sistema in modo da veder bene la mia grotta verde, poca importanza alla chioma, solo un accenno al vicino cespuglio, gran rispetto per i miei tronchi “fantasiosi”... E il marito, vicino a lei, comincia a leggerle a voce alta un libro: cosa c’è di meglio di dipingere mentre l’amato legge, e si posson condividere sguardi e pensieri?
Così Nuzzi ha trovato il coraggio di raccogliere la sfida dei tanti verdi, l’entusiasmo per le inquadrature ridotte, la forza dei colori forti stesi a pennellate decise, la gioia dei contrasti, il sorriso dei guizzi improvvisi, l’appagamento della tela piena, debordante, che continua oltre la cornice e si sporge verso l’osservatore, a coinvolgerlo nella mischia, quasi a farlo entrare nella mia grotta, per fargli provare come si sentiva lei, con il marito accanto ogni ora del giorno: al riparo dal mondo, in un nido ricco di colori.

Palazzo Bolongaro visto da retro, verso il parco

Per altre informazioni sul Palazzo Bolongaro e sul Centro Internazionale Studi Rosminiani:
http://www.rosmini.it/Objects/Pagina.asp?ID=90

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